martedì 5 febbraio 2013

XXVIII - waking up

Quanto tempo è passato? Quanto male mi sono fatta, nell'attesa? Quante colazioni quanti pranzi quante cene sono finite nel cesso? Quanti giorni ho passato a letto guardando il soffitto per la fame? La risposta a tutto questo è: troppo poco. Troppa poca sofferenza, troppo poco tempo, o forse troppo poco coraggio, sarà così. Ima, sei tu, ma sei diventata ancora peggiore. Pensavi non si potesse andare più giù e invece lo hai fatto. Lo fai sempre. Probabilmente continuerai a farlo perchè è l'unica cosa che sai fare. 


Quando mi guardo allo specchio in giorni come questo, guardo all'indietro, nei ricordi più profondi. 
La mia bambola preferita era di ceramica: aveva i capelli rossi e le lentiggini, e le lentiggini erano ciò che adoravo nella mia bambola preferita. Erano pennellate date così, senza troppa cura, di una certa inopportuna naturalezza.
Mio fratello la fece cadere, la bambola in mille pezzi.
Cercai quella bambola nelle persone, nel mondo, ma soprattutto in me stessa.
A distanza di tempo, e quando mi guardo allo specchio in giorni come questo e guardo all'indietro nei ricordi più profondi, guardo anche il mio riflesso, penso che andrò in frantumi come la mia bambola: i capelli sono rossi, sì, ma bruciati per le troppe tinte; la pelle è chiara, sì, ma grigia e spenta, polverosa; e soprattutto, qualcuno saprebbe dirmi in cosa, precisamente, si avvicinino i miei capillari scoppiati a quelle magnifiche lentiggini? La faccia a pois, gli occhi gonfi, la testa che pulsa, la gola a pezzi. 
Dubito che la mia bambola sentisse tutto questo. 
Forse era per via delle lentiggini. 



Ima

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