mercoledì 27 marzo 2013

LIV - stanchezza

Vorrei guarire ma non ce la faccio. 
Vorrei tornare indietro, io sono sicura che se qualcuno si fosse accorto [me compresa] di quello che mi stava succedendo.. sarebbe finita lì. E invece ecco un'altra sera, l'ennesima, finita con la testa nel WC. 
Dopo aver vomitato mi guardo allo specchio e penso che domani non mi abbufferò e non ci sarà bisogno di vomitare più, penso che mangerò solo cose verdi e sane ecc ecc.
Ma io sono stanca. 
Sono stanca di questi compromessi. 
Io non ho più voglia di vomitare o di mangiare cose sane e insipide per paura di farlo e per non ingrassare, vorrei mangiare quel che mi va quando mi va come suggerisce l'istinto di sopravvivenza.
Io non ho più voglia di guardarmi allo specchio e vedere un giorno le ossa, un giorno il grasso. 
Non voglio nemmeno più guardarmi, non mi interessa. 
Sono stanca di lottare ogni giorno, di evitare la vita a tutti i costi per non so quale inutile tranquillità prima di dormire. 
Vorrei solo essere normale, avere altri pensieri per la testa, concentrarmi sulle cose che mi circondano come farebbe chiunque. 
E invece ho mostri nel mio cervello che mi suggeriscono di uccidermi ogni giorno
voglia di dimagrire per non si sa quale motivo 
voglia di sentire vuoto nel mio stomaco 
paura di questo vuoto che mi divora 
riempirlo, Ima riempi questo vuoto 
ma poi come sopportarlo? 
Ima svuotati. 
Io eseguo. 

E così è un altro giorno. 
Sono molto stanca.

domenica 24 marzo 2013

LII

Ho paura.
Che non guarirò mai.
Sprecare così la mia esistenza..
Ma ho anche paura
del cibo
del grasso
dello specchio

E allora ho più paura.
Di me stessa.

venerdì 22 marzo 2013

LI - I prefer to remain silent

Gli sbalzi d'umore degli ultimi giorni mi stanno uccidendo. Mi alieno nei libri e mi sembra di avere pace, poi mentre appunto qualcosa mi rendo conto che quella mano che scrive appartiene a un corpo che è il mio, odioso, e di nuovo devo ritornare alla realtà. 
Non so cosa fare. 
Non so cosa stia facendo. 
Non so perchè ieri abbia vomitato sia pranzo che cena (cose sanissime e leggere). 
Non so nemmeno cosa possa farmi riprendere, sto seriamente scavando. Ma solo quando ci penso. Se non ci penso e studio allora mi ricordo che sono in una città che adoro, nella facoltà che volevo, a studiare le cose che amo con professori e compagni fantastici. Ma forse non basta. 
Passo troppo tempo sola, questa è la verità. 
Mi manca mia madre -anche se quando la sento al telefono vorrei subito chiudere la telefonata perchè la sua voce mi ricorda di tutte quelle volte che non è stata in grado di dirmi nulla di importante, quando non era impegnata a dilaniarmi ancora di più.
Mi manca mio padre - anche se in realtà quando ho avuto occasione di  stargli vicino l'ho odiato ancora di più perchè non si curava neppure della mia presenza, intento a guardare il televisore. 
Mi manca mio fratello - ma ormai il suo è un ricordo sbiadito, direi che mi manca il rapporto che avevamo forse 4 anni fa. 
Mi manca il mio migliore amico, lontano e in pericolo quanto me. E lui mi manca davvero, così com'è. Senza sono mutilata. Forse vale lo stesso per lui, ma intanto sono stata io ad andare via. 
Un'altra volta, egoista.

Mi è venuto in mente che sabato scorso dopo una nottata in giro con amici sono tornata a casa un po' brilla, e ho chiesto a uno di loro di dormire con me. Gli ho detto proprio "vuoi dormire con me?", senza malizia. Ho aggiunto "Dormiamo vicini, fa freddo." 
Lui mi ha detto di sì, ma poi era un bel po' più brillo di me, ed è rimasto a dormire in camera sua. 
La mattina dopo ci siamo ritrovati in cucina a colazione, lui si è scusato. Poi ha detto:
Ho capito quello che volevi intendere, ma l'ho capito dopo un po'. Perdonami, sono stato superficiale: tu volevi semplicemente qualcuno che ti stesse accanto.

Qualcuno che mi stia accanto.


giovedì 21 marzo 2013

L

Vorrei ritornare indietro. 
Due anni fa, di questi tempi. 
La primavera più calda. 
Il mio corpo che si rimpiccioliva.
Tanto tempo all'aria aperta. 
Il mio vestito dei diciottanni, un semplice vestitino a fiori, delicato, di viscosa, leggero, minuscolo. 
Ero leggera anche io. 
Ma  non lo capivo. 
Ricordo ancora la pesata della domenica mattina, dopo i digiuni di venerdì e sabato. Ricordo la soddisfazione dei numeri che scendevano. 
Con meno piacere ricordo l'amenorrea, unica cosa che mi faceva preoccupare davvero.
Mi dicevo "com'è possibile? Io sono grassa. Sarà lo stress."
Ma in generale lo sapevo, lo sapevo in fondo, di non essere così grassa.
Con mia somma felicità, i ragazzi non mi guardavano, non commentavano le mie -quasi inesistenti- forme. 
E allora potevo camminare quanto volevo, alla luce del sole, guardando il cielo. 
Certo, capitava che mi abbuffassi ogni tanto. Ma il giorno dopo sarebbe stato una nuova chance per rimanere vuota. 
Due anni fa di questi tempi non era come adesso. 
Non sapevo vomitare per esempio.
Non nascondevo il cibo in camera, per esempio. 
Non rifiutavo gli inviti a cena - mi bastava non mangiare -, per esempio. 
Non passavo le giornate a letto, per esempio. 

Ma ora non sono più incontaminata. 


Mi frulla nel cervello 
l'idea di ritornare indietro 
di digunare ancora
di ritornare a quella sensazione di onnipotenza
di inconsapevolezza

di 
insostenibile
leggerezza

mercoledì 20 marzo 2013

XLIX - acidità

Un po' di razionalità mi è rimasta, e dal momento che lunedì ho un esame e già la concentrazione è sottozero, sto cercando di non fare idiozie. Niente abbuffate e niente digiuni, sono sconvolta da come 640 kcal possano saziarmi [e giuro, lo stomaco non ha brontolato neanche un po', forse si è rassegnato], ma in fondo sto studiando secondo la mia tabella di marcia, ergo sono moderatamente soddisfatta e questo mi basta. 
Oggi ho provato un'enorme rabbia verso una tizia che in mensa aveva preso:
1) pasta al ragù 
2) pollo arrosto
3) patate fritte
4) panino
5) macedonia
6) tiramisù
7) coca cola
e che si è seduta, giustamente, con le sue misure proporzionate e numerosi piatti, di fronte a me. Di fronte al mio piatto vegetariano contenente verdura scondita e due uova sode. Avrei voluto prenderla per i suoi bei capelli lunghi e arricciati col ferro e spalmarla sul vassoio. Tornata a casa, ripensandoci, mi sono sentita ridicola. Tutta questa acidità, questa invidia, non tanto per il suo corpo quanto per il fatto che in pubblico riuscisse a mangiare tutte quelle cose senza farsi alcun problema. E io che a mensa mi sento tutti gli occhi puntati addosso, sia nel caso in cui abbia un'insalata davanti (allora dicono "ma guarda che ridicola, a mensa mangia un'insalta e poi chissà che si sbafa dopo, guarda che fianconi"), sia che prenda le cose più improbabili (allora dicono "beh ecco è così ma rispetto a tutto quello che mangia.."). Insomma sono un'egocentrica. Perchè mi sono ricordata che le persone normali non ragionano come faccio io. Non fanno lo scanner calorico del cibo che hanno davanti, nè il calcolo BMI istantaneo della persona con cui stanno parlando. 
Sono paranoica e acida. 
E lo so perchè sono così nervosa, perchè io in realtà lo volevo quel maledetto tiramisù. E anche la pasta e anche molto altro. Ma come dicevo, un po' di razionalità mi è rimasta, lunedì ho un esame, e sappiamo tutti come andrebbe a finire se ingerissi le suddette pietanze. Il post it è ancora attaccato alla porta del bagno, ma non so proprio per quanto lo sarà ancora. 
E ora che ci faccio caso forse ho fame. 
Ma quando ci ripenso non ne ho più.

lunedì 18 marzo 2013

XLVIII - lettera a te che non ci sei più

Un anno da quando sei andata via, giorno più, giorno meno. Non hai scelto di ammalarti, ti è capitato e basta. Non hai potuto scegliere di guarire, sei morta e basta. Ti ho guardato mentre andavi via, a poco a poco. 
Lo sguardo spento. 
I movimenti lenti. 
La voce sottile. 
Le tue belle mani. 
Il tuo respiro. 
Sempre più, sempre meno. Verso la fine. Ti ho guardato andare via, non ho potuto impedirlo. Ho fatto del mio meglio ma sei morta. E nel modo peggiore. Ironia della sorte, mangiavi solo con me, solo se c'ero io a incoraggiarti, a spezzettare il cibo che ormai non riuscivi nenche a masticare. Quando sto per addormentarmi continuo ad avere nella mente il tuo coma e il respiro meccanico, innaturale. Gli spasmi del tuo povero corpo. Non riesco a dimenticare quando quella mattina ti sei svegliata e hai avuto qualche attimo di lucidità: intubata, le flebo attaccate a tutte e due le braccia, una piccola stanza, io e papà accanto a te. Papà ti stava asciugando il viso e tu hai detto:
sento che sei qui 
ma non ti vedo 
non ci vedo più
perchè non ci vedo più? 
Qualche lacrima, papà ha stretto i denti, ti ha risposto che era un annebbiamento, una cosa momentanea. 
Invece ti stavi spegnendo. 

Sei andata via il 23. Hai scelto il mio numero, forse lo hai fatto apposta per ricordarmi che tu non hai scelto nient'altro di tutto questo. E che io invece spreco la vita, forse un po' di più da quando tu non ci sei. E vorrei morire perchè non merito di buttare via il mio tempo così. Non merito di vivere quando scelgo ogni giorno di farmi del male. E faccio finta di decidere di smettere e invece non lo faccio mai. E ho infiniti rimorsi per le preoccupazioni che ti ho dato nei tuoi utlimi anni, quando avrei potuto essere migliore con te, non rifiutare quella torta di mele che avevi fatto apposta per me, farmi vedere felice, amarti come amano tutte le persone normali. 
Ma tutto questo non serve a nessuno. 
Non serve che io versi lacrime inutili, nè che mi punisca per i sensi di colpa che mi divorano.
Non serve neppure che io continui a scrivere dappertutto che mi manchi.


domenica 17 marzo 2013

XLVII - metà tà physikà

Per ogni misero passo avanti, sprofondo e indietreggio più di prima. 
Elenco qui solo alcune strategie che si sono rivelate del tutto inefficaci:
  1. Non mangiare
  2. Mangiare poco e sano
  3. Mangiare normali quantità di cibi sani 
  4. Mangiare poco e male 
  5. Abbuffarsi delle peggio schifezze
  6. Vomitare le peggio schifezze 
  7. Vomitare pasti salutari preparati con cura 
  8. Mangiare solo alimenti di un certo colore
  9. Mangiare solo frutta e verdura 
  10. Mangiare solo petto di pollo 
  11. Bere 2 litri di tè al giorno 
  12. Stare fuori casa tutto il giorno 
  13. Uscire di casa senza soldi
  14. Fare finta di essere felice 

Non funziona niente. C'è il caos. Un incubo. Le ossa. Più le sento, quando le sento, più mi fanno schifo. Ma se non le sento subito le rivoglio. E pensare che quelle sono l'unica cosa di me che rimane sempre uguale.
Sono scoordinata, frustrata, demotivata. 
Quando ero sovrappeso, cominciando a dimagrire mi sentivo più sicura di me, un po' più felice. Di questo ne ero totalmente sicura: sarei stata felice
Oggi capisco che in fondo non fa poi così tanta differenza. Non mi piace mettermi in mostra. Non voglio che qualcuno mi guardi. Non riesco a guardarmi neppure da sola. 
In sostanza, se non potessi più abbuffarmi o digiunare, per un motivo o per un altro, penso che comincerei a tirarmi i capelli o mordermi volontariamente la lingua, tirarmi pugni nello stomaco o dare testate al muro. 
Non c'è nessuna differenza, perchè questo mi è davvero chiaro, ciò di cui ho bisogno: io devo semplicemente farmi del male. Semplicemente. 

venerdì 15 marzo 2013

XLVI - esperimenti

Oggi ho provato a fare una cosa incredibile: assecondare il mio corpo. Ore 16 e 30, dopo  8 ore di vuoto, mi chiede del cibo. Gli rispondo: una banana, un kiwi, caffelatte. E per un attimo sto bene, ho riconosciuto uno stimolo e non l'ho ignorato. Ma subito, il senso di colpa. Enorme. Cibo fuori pasto, cibo non pesato, cibo perchè avevo fame. 
Ma non è così che dovrebbe funzionare? 

Resisterò, ho attaccato un post it alla porta del bagno con scritto "non farlo". 
Ma dubito riuscirò a ripetere l'esperimento a ogni pasto. 
Anche perchè per il prossimo pasto ci vorrà domani. E domani chissà che sarò.

giovedì 14 marzo 2013

XLV

Io proprio non ce la faccio. 
Restringo di nuovo, specie quando lo annoto sulla mia agenda.
Mi sembra tutto troppo. 
Controllo le clavicole, le costole, sì, sembrano al loro posto.
Bevo tè verde, continuamente.
Fumo. 
Studio. 
Sto tranquilla in camera.  [Tranquilla?]
Mi stendo sul letto ma non riesco a dormire. 
Ho fame ma non riesco a mangiare. 
Leggo ma non capisco.
Cogito ergo non sum.

martedì 12 marzo 2013

XLIV - L'insostenibile Pesantezza dell'Essere

 Sto combattendo contro le  quasi 800kcal ingerite oggi. Cose buone, certo. Ma affollano il mio stomaco. Ingombrano anche la mente. Mi ripeto che è innaturale odiare questa sensazione di pienezza, ma questo non muta il mio giudizio. Fuori dal circolo delle abbuffate la mia naturale tendenza è quella di ricominciare a restringere, e 800kcal sono tante, insostenibili. E questo rientra nelle illogicità delle mie azioni. Per oggi mi limito a prenderne atto, ad accettare questo non senso, a sostenere questo invano. Non posso pretendere troppo da me stessa. Questo lo fanno già tutti gli altri. 

Aver sognato di mangiare mi ha turbato. Ho forse avuto fame durante la notte? Sono i miei pensieri sempre rivolti verso la mia più grande ossessione? Nostalgia di normalità? 
Nonostante questo, ho cercato per tutta la giornata di essere positiva. Ho anche dispensato consigli qua e là, ho programmato un aperitivo con degli amici sabato sera [di cui mi sono già pentita, ahimè], insomma cose normali. Che per me sono eccezionali. 
Pensavo che forse per apprezzare le banalità quotidiane - quelle cose che uno farebbe così, senza star loro troppo dietro -, forse per apprezzare tutto questo ho avuto bisogno di alienarmi in tutto il male possibile. Ma probabilmente sto dando per scontato che tutto ciò che non sia male sia bene. E' davvero così? Ora che ci medito su mi viene in mente che in realtà la mia concezione di "stare bene" è del tutto deviata, e anomala, come tutte le mie idee in fondo. Per me stare bene equivale a non stare male. Non digiunare nè abbuffarmi. Ma non stare male non è stare bene. E', appunto, non stare male. Una felicità in negativo, un bene per sottrazione, una forma minore di benessere, una semplice assenza di turbamento (e anche qui mi chiedo: mi abbandona mai questo turbamento? Evidentemente no, visto che come scrivevo all'inizio, sto combattendo con le quasi 800kcal ingerite oggi). Un bene commisurato a un piccolo essere, che si accontenta di briciole di vita, di un'esistenza mediocre. 
Ecco la riflessione di oggi. E forse leggere Platone ha aiutato parecchio in questo senso. 
Volevo estinsecare così tanto la mia essenza che ho finito per farla volare via. Tra tutto ciò che esecravo e che sono diventata c'è anche questo: una persona mediocre.

lunedì 11 marzo 2013

XLIII - concentration

Ce la posso fare. Qualche giorno di non-vomito per capire di non volerlo davvero più. Non nascondo di aver mangiato di più ieri e ieri l'altro (dove il di più è da intendere qualitativamente, cioè cose che normalmente non toccherei, in piccole quantità. es. del parmigiano o del riso) ma sono riuscita a tenere tutto dentro e in fondo non mi è sembrata una tragedia. Oggi sono stata al supermercato e ho comprato frutta e verdura fresca, cose che non mi fanno stare male e che ho deciso di consumare anche fuori dai pasti, qualora sentissi fame o semplicemente necessità di "qualcosa da mangiare". Anche perchè sinceramente, non so voi, ma io non so più quando ho fame e quando non ne ho. 
In ogni caso sta andando tutto bene. Mi sto impegnando molto, anche. Sorrido, sempre. Parlo con gli altri. Non mi chiudo in camera a studiare tutto il giorno. Dico buongiorno e buonasera a sconosciuti. Ascolto musica mentre bevo il tè. Abbraccio le mie compagne di università. Mi piacerebbe essere abbracciata "a sorpresa" con altrettanta naturalezza, ma in questi giorni mi sto spingendo addirittura a richieste esplicite. 
è troppo difficile amarmi da sola. Forse se lo fa un po' al giorno qualcun altro, prima o poi ci riuscirò anche io.
Devo rimanere concentrata. 
Il caro Federico Guglielmo può darmi una mano anche questa volta: 

"Uomini superiori, il vostro male peggiore è: voi tutti non avete imparato a
danzare come si deve – a danzare senza curarvi di voi e al di sopra di voi stessi!
Che importa se siete falliti! Quante cose sono ancora possibili! E allora "imparate"
a ridere, senza curarvi di voi e al di sopra di voi stessi! Elevate i vostri cuori, buoni
ballerini, in alto! più in alto! E non dimenticatemi la buona risata! Questa corona di
colui che ride, questa corona intrecciata di rose: a voi, fratelli, getto questa corona!
Io ho santificato il riso; uomini superiori, "imparatemi" – a ridere! "
[Za] 

sabato 9 marzo 2013

XLII - chances

Mi sento come un'eroinomane in astinenza. è dalle cinque studio una pagina, mi alzo, bevo un bicchiere d'acqua, apro il frigo, chiudo il frigo, vado in bagno, mi accendo una sigaretta, mi stendo cinque minuti e ricomincio da capo. Vago per i pochi metri quadri della mia camera, nel mio cervello c'è solo una voce che dice "mangia mangia mangia" e io dico no e continuo a girare, poi mi siedo, studio una pagina, bevo un bicchiere d'acqua ecc ecc. Sono un'eroinomane in crisi d'astinenza, cerco di svuotare la mente, di concentrarmi su quello che sto tentando di studiare da 3 ore ormai, apro il frigo chiudo il frigo, bevo un bicchiere d'acqua, mi ignoro. Nel mio cervello "pizza pizza ordina una pizza anzi ordinane due" spengo il pc, chiudo il telefono, vago per la camera, accendo una sigaretta, ne avrò fumate più di 20 oggi, ho la pancia gonfia d'acqua, bevo un bicchiere d'acqua, vado in bagno, mi stendo cinque minuti. 
Avessi mai riposato davvero.

venerdì 8 marzo 2013

XLI - Neue Kämpfe

Sono molto determinata a smettere di vomitare. Stamattina avrei potuto farlo benissimo [e posso assicurare che il mio stomaco lo implorava, è già dentro alle cattive abitudini, lui] ma ho deciso di non farlo. Lascio che la mia volontà si erga al di sopra di tutto [Duns Scoto sarebbe fiero di me] e scelgo di smetterla. 
Lo scrivo qui, ma prima di tutto è scritto dentro di me. 
Smetterla con le abbuffate e con ciò che ne consegue. 
Anche dovendo scendere a patti con me stessa.
Stamattina mi sono guardata allo specchio, non sono ingrassata in queste due settimane, anzi sono dimagrita, ma mi sono guardata meglio: i capelli opachi, i capillari rotti, il viso e il collo gonfi, sproporzionati rispetto alle spalle e alla vita, la pelle secca oltre ogni limite, la mano destra distrutta. 
Ho acceso una sigaretta e mi sono messa a pensare, osservando l'alba. 
Dove arriverò continuando così? Perchè ho cominciato? Che arriverò da qualche parte, questo è sicuro, com'è sicuro che finirò al più presto sotto terra, di questo passo. O, cosa ancora peggiore, che vivrò come sotto terra pur rimanendo su questa terra. 
In realtà questo già lo faccio da un po', ma di certo abbuffarmi e liberarmi tutto il giorno mi ha rubato molto tempo. Non sono più disposta a sprecarlo così, ne ho perso troppo negli ultimi 4 anni, probabilmente continuerò a perderne, ma non mettendomi due dita in gola. 
Mi rendo conto che forse posso evitare una full immersion nella bulimia, perchè non è il caso, perchè mi fa troppa paura, perchè in fondo è una dipendenza e preferisco il tabacco, che è anche meno costoso, a dirla tutta. 
Non so da dove provenga questa mia determinazione [me lo chiedevo anche quando introducevo 179 kcal nel mio corpo vedendomi grassa], ma una cosa è certa: dovrò scendere a patti con me stessa. Sono disposta a fare due spuntini al giorno, ad arrivare anche a 600 kcal ma di cibi sani, a evitare questo circolo vizioso che mi sta distruggendo, che mi ha confinato nella mia camera da giorni e giorni a rimuginare sul mio male e su come non riesca a uscirne. 
Accendo un'altra sigaretta. 
Forse ancora il mio istinto di sopravvivenza non è del tutto svanito.  

Si preannunciano nuove battaglie.

giovedì 7 marzo 2013

XL

567 kcal a colazione.
Di cibi "cattivi".
Che sono rimasti nel mio stomaco.
Me lo impongo: devono rimanere nel mio stomaco.
Aria per il resto della giornata.
Le mie giornate si somigliano troppo da troppo tempo per i miei gusti, finiscono tutte con la testa nel cesso.
Dal 28 febbraio sul mio diario alimentare c'è scritto, ogni giorno "Binge&Purge". Talvolta anche seguiti da "pt.I", "ptII", "ptIII" ecc. ecc. .
Basta.


lunedì 4 marzo 2013

XXXIX - Il peso più grande

Non ho tregua. 
Tristezza. Rassegnazione. Rabbia. Paura. Vuoto. Persistente, vuoto. 
Tutto insieme. 
Nel mio letto passo 5 ore a guardare il soffitto ascoltando il rumore della ventola dei riscaldamenti ad aria. 
E così tutta la notte.
La mattina mi trucco ed esco di casa. E mi impegno a vivere, a nascondere agli altri la mia orribile condizione. Ho bisogno di crearmi una nuova vita in questa nuova città. La mia proposta da quando sono qui, da quasi 6 mesi ormai. Una nuova identità, per così dire, da sfruttare a piacimento per mostrarmi quale non sono. Perchè se io non lo facessi tornerei ad essere sola, e in fondo lo sono: a un certo punto sento il vecchio conosciuto disgusto per il tutto che mi circonda, e di nuovo devo rifuggire dal mondo, incatenarmi alla mia malattia, nascondermi nella solitudine della mia camera. 
Andare a letto e passare 5 ore a guardare il soffitto. Rimanere a casa nei week-end a studiare, mangiare, vomitare, digiunare, piangere, ascoltare il mio silenzio interrotto di tanto in tanto dalla ventola dei riscaldamenti ad aria. E questa sarebbe la mia nuova vita? 
Mai un progetto di ricostruzione fallì fino a questo punto. 

E la pars destruens è quella che di gran lunga mi riesce meglio.

"Che accadrebbe se, un giorno o una notte, un demone strisciasse furtivo nella più solitaria delle tue solitudini e ti dicesse: «Questa vita, come tu ora la vivi e l'hai vissuta, dovrai viverla ancora una volta e ancora innumerevoli volte, e non ci sarà in essa mai niente di nuovo, ma ogni dolore e ogni piacere e ogni pensiero e sospiro, e ogni indicibilmente piccola e grande cosa della tua vita dovrà fare ritorno a te, e tutte nella stessa sequenza e successione - e così pure questo ragno e questo lume di luna tra i rami e così pure questo attimo e io stesso. L'eterna clessidra dell'esistenza viene sempre di nuovo capovolta e tu con essa, granello di polvere!». Non ti rovesceresti a terra, digrignando i denti e maledicendo il demone che così ha parlato? Oppure hai forse vissuto una volta un attimo immenso, in cui questa sarebbe stata la tua risposta: «Tu sei un dio e mai intesi cosa più divina»? Se quel pensiero ti prendesse in suo potere, a te, quale sei ora, farebbe subire una metamorfosi, e forse ti stritolerebbe; la domanda per qualsiasi cosa: «Vuoi tu questo ancora una volta e ancora innumerevoli volte?» graverebbe sul tuo agire come il peso più grande! Oppure, quanto dovresti amare te stesso e la vita, per non desiderare più alcun'altra cosa che questa ultima eterna sanzione, questo suggello?"
[F.W.Nietzsche, FW, IV, aph. 341]

sabato 2 marzo 2013

venerdì 1 marzo 2013