lunedì 4 marzo 2013

XXXIX - Il peso più grande

Non ho tregua. 
Tristezza. Rassegnazione. Rabbia. Paura. Vuoto. Persistente, vuoto. 
Tutto insieme. 
Nel mio letto passo 5 ore a guardare il soffitto ascoltando il rumore della ventola dei riscaldamenti ad aria. 
E così tutta la notte.
La mattina mi trucco ed esco di casa. E mi impegno a vivere, a nascondere agli altri la mia orribile condizione. Ho bisogno di crearmi una nuova vita in questa nuova città. La mia proposta da quando sono qui, da quasi 6 mesi ormai. Una nuova identità, per così dire, da sfruttare a piacimento per mostrarmi quale non sono. Perchè se io non lo facessi tornerei ad essere sola, e in fondo lo sono: a un certo punto sento il vecchio conosciuto disgusto per il tutto che mi circonda, e di nuovo devo rifuggire dal mondo, incatenarmi alla mia malattia, nascondermi nella solitudine della mia camera. 
Andare a letto e passare 5 ore a guardare il soffitto. Rimanere a casa nei week-end a studiare, mangiare, vomitare, digiunare, piangere, ascoltare il mio silenzio interrotto di tanto in tanto dalla ventola dei riscaldamenti ad aria. E questa sarebbe la mia nuova vita? 
Mai un progetto di ricostruzione fallì fino a questo punto. 

E la pars destruens è quella che di gran lunga mi riesce meglio.

"Che accadrebbe se, un giorno o una notte, un demone strisciasse furtivo nella più solitaria delle tue solitudini e ti dicesse: «Questa vita, come tu ora la vivi e l'hai vissuta, dovrai viverla ancora una volta e ancora innumerevoli volte, e non ci sarà in essa mai niente di nuovo, ma ogni dolore e ogni piacere e ogni pensiero e sospiro, e ogni indicibilmente piccola e grande cosa della tua vita dovrà fare ritorno a te, e tutte nella stessa sequenza e successione - e così pure questo ragno e questo lume di luna tra i rami e così pure questo attimo e io stesso. L'eterna clessidra dell'esistenza viene sempre di nuovo capovolta e tu con essa, granello di polvere!». Non ti rovesceresti a terra, digrignando i denti e maledicendo il demone che così ha parlato? Oppure hai forse vissuto una volta un attimo immenso, in cui questa sarebbe stata la tua risposta: «Tu sei un dio e mai intesi cosa più divina»? Se quel pensiero ti prendesse in suo potere, a te, quale sei ora, farebbe subire una metamorfosi, e forse ti stritolerebbe; la domanda per qualsiasi cosa: «Vuoi tu questo ancora una volta e ancora innumerevoli volte?» graverebbe sul tuo agire come il peso più grande! Oppure, quanto dovresti amare te stesso e la vita, per non desiderare più alcun'altra cosa che questa ultima eterna sanzione, questo suggello?"
[F.W.Nietzsche, FW, IV, aph. 341]

3 commenti:

  1. Mi sono "ricostruita" diverse volte, inventandomi un nuovo personaggio per ogni nuovo ingresso in scena. E dopo un po' mi sentivo schifosamente, insopportabilmente stanca. Se solo fossimo in grado di stare bene con noi stesse. Essere noi stesse. E starci bene. Ci pensi mai che, in fondo, la soluzione è tutta lì? Guardo le persone che ho attorno e per la maggior parte di loro è così... naturale. Già, naturale. Come mangiare e tante altre cose che per noi sono sinonimo di guerra.

    Sii forte e ricordati che non sei sola, solo questo posso dirti.
    Un abbraccio

    RispondiElimina
  2. Quoto Julien in tutto e per tutto. Io sto ancora cercando di ricostruirmi. Ma se la materia prima fa schifo come faccio?
    Sono come una fenice che rinasce sempre dalle sue ceneri puzzolenti.
    Che bella la citazione di N., non la conoscevo anche se ormai l'ho letto quasi tutto..

    RispondiElimina
  3. il soffitto..quante volte lo fisso..
    mi perdo con esso diventando un tutt'uno nel più astratto dei nichilismi..
    addormentando i sensi si addormenta la mente..
    per non pensare..per non capire..
    per sembrare..

    se vuoi passa da me

    RispondiElimina